Evgenij Primakov, Rossiskaja Gazeta, 8 febbraio 2012
Evgenij Primakov è ex direttore del servizio d’intelligence estero russo (1991-1996) ed ex primo ministro della Russia (1998-1999).
Risolvere il conflitto in Siria richiede la presa in considerazione delle prospettive di tutte le parti coinvolte, non solo incolpare una parte sola.
La posizione assunta dalla Federazione Russa e dalla Repubblica popolare cinese sulla risoluzione siriana al Consiglio di sicurezza dell’ONU, è ben motivata. Russia e Cina, pur non essendo in linea di principio contrarie al passaggio della risoluzione, avevano proposto che venisse resa il più vicino possibile alla realtà sul terreno, da cui la sua efficacia dipenderebbe. Questo significava far cadere la richiesta che il presidente legittimamente eletto, Bashar al-Assad, fosse rimosso dal potere; non dare tutta la colpa per lo spargimento di sangue alla leadership siriana, rendendo l’altra parte nel conflitto immune dagli attacchi politici, e senza imporre sanzioni alla Siria.
Alcune altre disposizioni del progetto di risoluzione proposte da alcuni paesi occidentali e arabi, davano anche motivo di preoccupazione. Tali disposizioni, come gli eventi in Libia hanno dimostrato, potrebbero essere state usate per giustificare l’intervento armato in Siria. Per come la vedo io, la Russia e la Cina non vogliono essere ingannate ancora una volta. Solo di recente, gli Stati Uniti gli hanno chiesto di non porre il veto alla risoluzione dell’ONU sulla Libia, sostenendo che si trattava di nient’altro che della richiesta di una no-fly zone sul paese, per impedire che la forza aerea del generale Muammar Gheddafi infliggesse danni alla popolazione civile. Allora, la parte “amorfa” della risoluzione venne usata espressamente per rovesciare il regime di Gheddafi.
Cosa c’è dietro l’attuale posizione anti-siriana? La Siria era presa di mira principalmente perché è vicina all’Iran. Rovesciare il regime attuale fa parte del piano per isolare l’Iran. Ma Damasco e Teheran si sono avvicinate perché il conflitto arabo-israeliano non è stato risolto. Ricordo che, durante una conversazione con Hafiz Assad, padre dell’attuale presidente, egli aveva detto che avrebbe cercato di non rimanere solo “faccia a faccia” con Israele. E’ l’irrisolto pericoloso conflitto in Medio Oriente, che sempre e di nuovo tende a sfociare in una crisi, che ha spinto Damasco a mantenere l’Iran come suo sostegno, “per ogni evenienza”.
Perché maggior parte dei paesi arabi ha preso posizione contro Bashar Assad? Penso che sia soprattutto a causa delle contraddizioni crescenti tra i due principali rami religiosi dell’Islam, i sunniti e gli sciiti. Queste contraddizioni divennero particolarmente forti dopo l’operazione militare statunitense in Iraq. Le autorità siriane sono principalmente alawite, una setta vicina agli sciiti. Nella Lega Araba, la maggioranza dei suoi membri è sunnita, e teme che una cintura sciita si verrebbe a creare dall’Iraq all’Iran e dalla Siria al Libano.
Cosa potrebbe accadere se l’attuale regime siriano venisse rovesciato? Si crederebbe che gli autori del progetto di risoluzione respinto dal Consiglio di sicurezza, pensassero a questo. Esiste una prova eloquente di ciò a cui una politica irresponsabile in Medio Oriente e Africa del Nord, potrebbe condurre. Deve essere contrastata dagli sforzi collettivi che, infine, sono necessari al fine di evitare che la situazione scivoli nel caos, nella guerra civile e, infine, nell’interruzione della estremamente necessaria ricomposizione del conflitto arabo-israeliano.
Traduzione di Alessandro Lattanzio